Arriva l’estate, e con sé porta dietro anche il cambio stagione degli armadi: abiti più leggeri, tessuti più freschi, colori nuovi. La voglia di cambiare, insomma, c’è … ma c’è anche voglia di cambiare in meglio? E non vogliamo limitarci a pensare solo all’aspetto, ma anche al benessere di tutti e dell’ambiente.
Perché se è vero che una maglietta più leggera ti fa stare meglio nelle ore più torride di agosto, un ambiente più sano ti fa stare bene tutto l’anno. Per questo vogliamo esplorare il tema dell’abbigliamento sostenibile e quale impatto può avere su ciò che ci circonda.
Cosa si intende per abbigliamento sostenibile?
L’industria della moda è uno dei settori manifatturieri più importanti a livello mondiale, purtroppo ne consegue che lo è anche per impatto inquinante. Nel corso dei decenni si è evoluta rapidamente, anche agevolata dal continuo susseguirsi di diverse tendenze che hanno portato le aziende del settore ad esplorare tecniche di produzione diverse e non sempre salutari sul lungo periodo. Ci stiamo rendendo conto solo ora dell’impatto che i tessuti sintetici continuano ad avere sull’ambiente: microplastiche disperse con i lavaggi, difficoltà a riciclare i vestiti dismessi, per non parlare delle sostanze nocive generate durante la produzione.
L’abbigliamento sostenibile rifiuta tutte le pratiche impattanti del settore tessile, come il ricorso a sostanze tossiche e non biodegradabili, che vanno ad accumularsi nelle acque reflue. Tali processi vanno a discapito del consumatore, che inconsapevolmente continua ad inquinare acquistando questi capi, e inoltre mette a rischio la propria salute andando incontro a gravi patologie causate dal bioaccumulo di quelle sostanze a contatto con la pelle. Pertanto scegliere indumenti realizzati con materiali più naturali e meno impattanti sull’ambiente diventa una scelta anche salutare.
L’industria della moda, con le sue tendenze temporanee, ci spinge a buttare e cambiare abiti che a volte sono ancora come nuovi, perciò bisognerebbe affiancare al tema dell’abbigliamento sostenibile anche quello dell’abbigliamento responsabile: con questo intendiamo la scelta di prolungare la vita dei propri abiti a più di una singola stagione, avendo cura di conservarli e trattarli adeguatamente per poterli utilizzare in molte occasioni; scegliere indumenti di qualità così da indossare qualcosa di più durevole e più difficile da rovinare; prediligere la scelta di rivendere invece che buttare quando non li indossiamo più (ovviamente se non sono rovinati!)… insomma, se non hai bisogno di pantaloni nuovi, quelli comprati l’anno scorso andranno bene anche quest’anno.
Quali sono i materiali sostenibili utilizzati per l’abbigliamento?
Molti grandi marchi della moda si sono già mobilitati sul tema della sostenibilità, e sempre di più vi si stanno sensibilizzando. Ovviamente uno dei principali aspetti su cui concentrarsi sono proprio le materie prime, i tessuti, per una produzione più sostenibile. Da qui le scelte sempre più comuni di utilizzare certi materiali:
Lino: il lino viene prodotto dall’omonima pianta, che per essere coltivata richiede pochissime risorse. Meglio ancora, ovviamente, se si tratta di lino da agricoltura biologica. Va sottolineato inoltre che il lino cresce anche in terreni scarsamente fertili, e che può assorbire molta anidride carbonica. Morbido e resistente, è anche battericida, anallergico e antistatico. Inoltre la sua proprietà igroscopica produce una sensazione di freschezza a contatto con la pelle, motivo per cui è utilizzato soprattutto per capi estivi.
Juta: altro tessuto di origine vegetale, materiale povero ma decisamente sostenibile. Come avviene per lino e canapa, il materiale tessile arriva dal fusto della pianta, che può raggiungere i 4 metri e assorbire tantissima CO2.
Canapa biologica: la canapa, della famiglia della cannabis ma senza nessuna capacità psicogena, è stata coltivata per secoli per la fabbricazione di tessuti. Richiede meno acqua del cotone, non necessita di pesticidi, non impoverisce il suolo.
Cotone organico e riciclato: il cotone può essere coltivato in modo biologico, senza l’uso di pesticidi o di sostanze chimiche. Indubbiamente, vista anche la mole di vecchi indumenti in cotone, il cotone riciclato è tra i tessuti più importanti per la moda ecosostenibile.
Lana e cashmere: di origine animale e non vegetale, lana e cashmere possono essere prodotti in modo sostenibile ed etico.
Bambù: come è noto, il bambù è tra le piante con una crescita più veloce. Assorbe grandissime quantità di CO2, consuma poca acqua, non necessita di pesticidi, e il raccolto si fa senza uccidere la pianta. Dalla fibra di bambù si ricava un filato lucente e morbido come la seta, antibatterico, resistente, traspirante, assorbente, biodegradabile al 100% e resistente ai raggi UV. Proprio per le sue caratteristiche e per essere priva di sostanze tossiche è utilizzata soprattutto nella produzione di abbigliamento per neonati e bambini e per la produzione di abbigliamento intimo e calzetteria.
R-PET: menzione speciale per questo materiale sintetico di riciclo, ricavato dal PET comunemente usato per le bottiglie di plastica. Utilizzare questo materiale per, ad esempio, un tessuto di microfibra, non solo aiuta a togliere di mezzo dei rifiuti di plastica dall’ambiente, ma si sostiene l’economia circolare e il riuso evitando la produzione di nuova plastica. Inoltre, dato che il PET non perde le sue caratteristiche nel riciclo, si ottiene un tessuto molto resistente e impermeabile, adatto per abbigliamento sportivo, da esterno o per calzature.
Econyl: è un tessuto eco-friendly prodotto a partire da materiali di scarto, come reti da pesca e moquette riciclate. Il processo di produzione è ecologico e utilizza meno energia rispetto alla produzione di tessuti tradizionali. Il tessuto è resistente e versatile, ed è spesso utilizzato nella produzione di costumi da bagno e abbigliamento sostenibile sportivo.